venerdì 30 dicembre 2016

Pagina Facebook fuori uso, ed altre quisquilie.

Mentre l'anno va a concludersi, qualche nerd, magari attempato,  ha cercato di appropriarsi della pagina obbligandomi  per prudenza a farla bloccare. Ora dovrò aspettare qualche giorno prima di riprenderne possesso e penso che a questo punto se ne parlerà nel 2017.   


Approfitto dell'occasione per augurarvi buon anno nuovo. Non mi sento di fare bilanci perché dovrei scrivere delle troppe cose che non sono andate come avrei voluto, ma questo già si sa, quindi a che pro rimuginare? Metto tutta questa esperienza nel calderone dei programmi per il 2017, che, vi preannuncio, sarà bello corposo, perché "quando c'è la salute" tutto il resto è noia, e l'antidoto principe contro la noia, voi sapete qual è. Seguirà, a breve post più dettagliato, ora scappo via a correre, perché i programmi ambiziosi richiedono dedizione, e se nella vita si vuole fare altro, oltre che correre, bisogna essere dei maestri intarsiatori di tempo.
Buon anno nuovo, buona vita, buone corse!

Quasi tutti i runner hanno avuto scheletri in adiposi armadi!

giovedì 15 dicembre 2016

21^ Maratona di Reggio Emilia: "Dopo il primo, siamo tutti secondi!"

Trovo che  lunghissimi e Maratone siano le migliori muse ispiratrici, non solo durante l'atto della corsa ma anche nel preludio. Così, domenica mattina, mentre facevo rotta verso Reggio Emilia solcando l'infinito oceano di nebbia, la mente rimbalzava tra ricordi delle scorse partecipazioni e  possibilità odierne,  imbastendo la trama di un post che alla luce delle rispettive condizioni attuali avrebbe raccontato di un bello scambio di ruoli tra due protagonisti di un vecchio racconto  chiaramente senza tralasciare la cronaca della giornata. 
Ore sette e quarantacinque, umidità a tre cifre,  temperatura a numerazione binaria, ma dentro il Pala Bigi l'aria è già incandescente,  forse addirittura esplosiva a causa dei vapori di canfora che saturano l'aria. Mi piace cambiarmi con calma, scegliere ogni dettaglio dell'abbigliamento,   rilassarmi facendo quattro chiacchiere con amici e vicini di panca, per poi, a ridosso dell'ora x, disconnettermi ed entrare in "modalità galleggiamento". Da quel momento in poi, solo io e Lei.
Tanti chilometri percorsi,  ma con lunghe  pause e soprattutto senza lavori  specifici  autorizzano ad ipotizzare che la carcassa arriverà integra fin sotto il gonfiabile ma non danno indicazioni attendibili riguardo il ritmo da tenere, anche se il feeling con la Lady mi suggerisce un passo che ambisca al massimo ad un tre e 35' finale. 
Un accurato riscaldamento,  più che altro per evitare l'assideramento, poi mi tuffo in griglia dove ressa e adrenalina rendono l'atmosfera quasi tropicale mentre noto con sorpresa che "all'altro protagonista" è stata negata la strameritata prima griglia per mere questioni burocratiche.
Si parte, tifo e fanfara ci accompagnano lungo il percorso cittadino poi la nebbia ci avvolge e il suono dei passi interrompe la quiete dei campi, aria gelida temperata dal sostegno dei volontari e delle numerose persone che nonostante tutto si spendono in applausi ed incitamenti,  e proprio da uno dei volontari, un agguerritissimo anziano giovanotto posto a presidio di un incrocio, viene urlata la filosofica frase citata nel titolo "forza ragazzi, che dopo il primo siete tutti secondi" frase che a mio parere riassume magistralmente lo spirito che contraddistingue questa Maratona che onora e coccola senza distinzione ogni singolo partecipante rendendo giusto merito sia al talento dei campioni  sia alla volontà  di chi si presenta al via con sfide che poco hanno a che fare con tempi prestigiosi.
Il pensiero di questa frase mi accompagna per qualche chilometro, inserendosi nella bozza iniziata qualche ora prima, le gambe vanno un po' troppo svelte rispetto ai programmi ma la mente è serena, mi rifornisco con calma ad ogni ristoro,
Al quindicesimo non posso fare a meno di fermarmi a salutare Daniele, frontman del ristoro targato Podistica Taneto, nonché  uno dei migliori dispensatori di passione podistica attualmente presenti sul mercato, il suo augurio di sabato era rivolto "sia chi la maratona l'avrebbe corsa, sia a chi l'avrebbe gestita", oggi sento di appartenere alla seconda categoria, a non si tratta certo di una gestione esemplare.
Passo la mezza  in modo decisamente imprudente e la mia parte razionale proietta visioni di sofferenti chilometri finali, rallento prima che sopraggiungano pericolosi segnali e mi salvo così: nessuna grossa crisi, nessun crampo, ma un inevitabile progressivo rallentamento e gran fatica.
Intorno al trentottesimo i pacer delle 3:30 mi sfilano insieme al gioioso gruppo al seguito, i preziosi secondi utilizzati in maniera fraudolenta nella prima parte ora fanno accendere la spia della riserva energetica, continuo a perdere terreno ma ormai i chilometri sono agli sgoccioli, il mitico sottopasso è andato, ora c'è il parco delle caprette, i podisti in allenamento salutano e sorridono, gli incitamenti all'uscita dal parco, con tanto di campanacci di accompagnamento sono meglio di un'autobotte di maltodestrine,  ed eccomi sul viale, il passo è tutto fuorché brillante, ma l'arrivo è dietro l'angolo, no, dietro l'altro, no, dietro l'altro ancora, ma ora eccolo. Il gonfiabile, il tappeto, il beep che sancisce la fine, sempre con la stessa magica emozione. La medaglia al collo, il telo da finisher strette di mano con chi ha condiviso gli ultimi chilometri, e via verso il meritato ristoro.
Oggi mi sono presentato al via consapevole di una preparazione rispettosa ma non accurata, ho osato, e la conseguenza è stata quella, come scrissi una volta all'allora esordiente ora al top, di "essere bacchettato bonariamente". Con un comportamento più prudente sarei riuscito probabilmente a limare qualcosa al tempo finale, ma non era nello spirito di oggi. Però la cosa sulla quale ho riflettuto durante i 42.195K di meditazione dinamica è che da troppo tempo non dedico la dovuta attenzione alla Lady, quindi, per l'anno prossimo prendo l'impegno di dimostrarle che potrei ancora farla divertire, e forse l'occasione potrebbe essere quella Maratona di Venezia, la cui iscrizione è  quasi cascata dal cielo grazie al black friday, vedremo.
Ritornando allo scambio di ruoli di cui parlavo all'inizio, è effettivamente avvenuto da tempo, tra me, all'epoca considerato Visconte dei Tapascioni, e quell'esordiente che sempre qui a Reggio Emilia venne bacchettato bonariamente per aver osato troppo, esordiente nel quale io vidi già da allora il maratoneta under tre che è oggi. Lo intuii da come analizzò serenamente la lezione ricevuta e dallo sguardo che aveva quando disse "adesso ho capito cos'è la Maratona" Oggi non è riuscito a ripetere "il tempone", ma la cosa divertente è che parlandone, mentre io ero dispiaciuto lui appariva sereno e soddisfatto, complimentandosi con me per la mia felice conclusione. Perché mi dilungo con questa  storia anziché continuare a parlare di Maratona? Perché ritengo che la capacità di essere sinceramente felici per i buoni risultati altrui, e in particolare di chi nel tempo, ne ottiene di migliori dei nostri, dovrebbe essere alla base di questo bellissimo sport, passati gli attimi di giocoso odio agonistico, diversamente a mio parere bisognerebbe porsi delle domande, ma le risposte potrebbero essere davvero sgradevoli.
Sempre e comunque...buone corse!

lunedì 28 novembre 2016

12^ November Pork Hot Feet.

Breve premessa
Sono passati quasi tredici anni da quando uscii di casa per andare a correre per la prima volta, e  dieci da quando debuttai con  un pettorale, alla Maratona di Parma Nell'intervallo imparai semplicemente ad amare la corsa, passo dopo passo, in completa solitudine, o meglio in mia compagnia di me stesso, della fatica, delle endorfine, e della personalissima sfida, vinta alla grande. Poi arrivò il periodo delle soddisfazioni "tapascioniche" con diversi risultati di un certo rilievo se rapportati al valore dell'atleta, risultati che ho sempre cercato di utilizzare sia per scardinare l'apatia di chi aveva una certa avversione per l'attività fisica, sia per i noti motivi che mi spinsero all'apertura del Blog.
Nel tempo ho conosciuto diverse persone che correvano come correvo in quegli anni, senza contaminazioni agonistiche, ed hanno continuato a farlo spinti dal solo piacere dell'attività fisica,  con un entusiasmo ed una costanza encomiabili,  poco comprensibili dai  "pettoraldipendenti".

Fatta questa lunga premessa arriviamo ad oggi, giorno in cui dopo qualche consulenza a distanza con "uno di loro" che inizia ad essere incurosito dal mondo del popolo  numerato e dai suoi riti,  su sua istanza e per mia curiosità, assistiti favorevolmente dalla cabala dei turni, decidiamo di correre insieme questa classica di fine stagione del Campionato Provinciale di Parma, la November Pork Hot Feet, appunto, al fine di estrapolare quella che dovrebbe essere la sua reale famigerata "velocità di riferimento", pietra angolare di qualsiasi tabella, elemento necessario per mettere un po' d'ordine nello stile di allenamento seguito sino a ieri: il famoso "metodo Katzen". 
Negli anni passati questa gara aveva una peculiarità, quella di regalare la prima vera giornata di maltempo e di temperature rigide al gioioso popolo podistico, oggi invece il meteo ci grazia, regalandoci una giornata perfetta, persino troppo calda.  L'appuntamento con Gian Matteo è al banchetto iscrizioni dove rispolvero il mio Chip numero 476, ormai classificato come dormiente. Un accurato riscaldamento nella variopinta aria di festa tra le vie di Roccabianca, tra saluti strette di mano e qualche allungo, sino ad arrivare allo schieramento sulla start linei.
E' la prima volta che mi trovo a tirare deliberatamente qualcuno, e spero di farlo a dovere. Arriva lo sparo, e visto l'alto numero di partecipanti e la nostra onestà nel posizionarci in griglia, la cosa più difficile è non restare imbottigliati tra i mentitori da prima fila. Riusciamo nell'intento ed imprimo subito un passo sicuramente più veloce di quello desiderato dal mio compagno di viaggio, che però mi segue, il percorso è scorrevole gli unici saliscendi sono quelli necessari per salire sull'argine del Po, argine che costituisce gran parte del tracciato, i chilometri volano, è vero, sto tirando io, ma non è che abbia un margine esagerato, cerco di intuire il suo stato anche senza domandarglielo, ascolto più che il fiato il rumore dei passi, qualche "strisciata" indica che la stanchezza si fa sentire ma siamo ormai al settimo, inizio a monitorarlo con più frequenza ed incitarlo ripetendo la distanza che va scemando, cerca di rallentare ma glielo impedisco, caliamo impercettibilmente ma solo per recuperare appena fiato, poi si riprende il ritmo, aumentando anche un po'.
Mi permetto una piccola trasgressione accettando una rapida sorsata di birra al ristoro, poi riprendo il mio ruolo tirannico scandendo  il tempo con il mantra "dai, dai,  manca x", lui mi invita ad andare, (mi auguro che la destinazione non fosse quella suggerita nella bella canzoncina di Alberto Sordi, glielo chiederò!), resto a rompere le scatole e nell'ultimo chilometro penso di diventare addirittura molesto, ma nel frattempo siamo passati ai dieci con un tempo migliore di circa otto minuti rispetto ai suoi 10K precedenti, pur se inattendibili, l'adrenalina prende il comando e lo lancia   verso il
gonfiabile più che soddisfatto, una volata per essere immortalati insieme sul traguardo e la missione è compiuta.

Un misto di odio e divertimento nell'espressione  subito dopo l'arrivo, sempre duro andare oltre i propri presunti limiti, ma per migliorare bisogna essere sfrontati sia nei confronti delle proprie certezze che del cronometro.
Oggi è  stato divertente fare il cattivo.
Buone corse