Scusate il ritardo, ma il rientro nella lotteria turnistica è stato brutale.
Di questo ritiro al Passatore (ebbene si!) restano tre momenti: l'abbraccio e le parole della vecchia gloria del Bosforo al mio arrivo in Piazza del Popolo; quel "nooooo!" esclamato, alla mia vista, da chi, dall'altra parte delle transenne, aveva appena portato a termine una gara grandiosa; il viaggio in ottima compagnia, sul "pullman del disonore" passato a dissezionare con leggerezza, ironia e macabra passione il fantastico mondo del podismo in tutte le sue sfaccettature. Inutile stare a spendere parole che potrebbero sembrare un tentativo di trasformarmi, per fare una citazione dotta, in un "collezionista di alibi", così come trovo inutile cospargermi il capo di cenere: non mi sono mai sentito il "Luigi delle Bicocche" del podismo, questo è un periodo così, e raccolgo ciò che ho seminato, forse anche di più, ad essere onesto, la mia preparazione, al cospetto del Pelloni, era pari al vaso di coccio di Manzoniana memoria, è bastato molto poco per ritrovarmi in frantumi, ma le prime crepe arrivavano da più lontano, e non erano affatto occulte.
A questo punto l'unica decisione possibile è dedicarmi al Kintsugi, quell'antica tecnica, elevata ad arte, nata come tentativo di riparazione di preziose tazze da tè da parte di alcuni ceramisti giapponesi, tecnica che ribaltò il concetto stesso di riparazione, normalmente intesa come un rimettere insieme i pezzi cercando di celare alla vista i segni della rottura.
Con questa tecnica, al contrario, i cocci vengono riassemblati rendendo protagoniste le linee di frattura, evidenziandole con materiali preziosi (oro o argento) ad affermare in pieno spirito Zen di come le cicatrici vadano portate orgogliosamente a testimonianza di aver superato le difficoltà ed essere diventati più forti e più ricchi, grazie all'esperienza.
Di questo ritiro al Passatore (ebbene si!) restano tre momenti: l'abbraccio e le parole della vecchia gloria del Bosforo al mio arrivo in Piazza del Popolo; quel "nooooo!" esclamato, alla mia vista, da chi, dall'altra parte delle transenne, aveva appena portato a termine una gara grandiosa; il viaggio in ottima compagnia, sul "pullman del disonore" passato a dissezionare con leggerezza, ironia e macabra passione il fantastico mondo del podismo in tutte le sue sfaccettature. Inutile stare a spendere parole che potrebbero sembrare un tentativo di trasformarmi, per fare una citazione dotta, in un "collezionista di alibi", così come trovo inutile cospargermi il capo di cenere: non mi sono mai sentito il "Luigi delle Bicocche" del podismo, questo è un periodo così, e raccolgo ciò che ho seminato, forse anche di più, ad essere onesto, la mia preparazione, al cospetto del Pelloni, era pari al vaso di coccio di Manzoniana memoria, è bastato molto poco per ritrovarmi in frantumi, ma le prime crepe arrivavano da più lontano, e non erano affatto occulte.
Con questa tecnica, al contrario, i cocci vengono riassemblati rendendo protagoniste le linee di frattura, evidenziandole con materiali preziosi (oro o argento) ad affermare in pieno spirito Zen di come le cicatrici vadano portate orgogliosamente a testimonianza di aver superato le difficoltà ed essere diventati più forti e più ricchi, grazie all'esperienza.
Finita questa lunga premessa non starò a parlare dei pochi chilometri percorsi, del ritiro e di quanto questo abbia pesato o meno, poiché a rileggere a mente fredda alcuni dei post più recenti mi sono reso conto di un altro segno di questa "rottura": nelle parole, la corsa ha quasi preso il sopravvento su persone, sensazioni ed emozioni, l'ultimo scritto quasi in linea con il "#VadoAcorrerePensiero" è forse quello riferito al Passatore 2017, ma anche lì mancano tanti episodi che avrei dovuto citare. Questo, da un lato può significare il desiderio di non fare morire il Blog, a dispetto dei tempi frenetici, dall'altro è indice del fatto che in qualche modo il desiderio di riprendere senza se e senza ma, mi ha fatto sicuramente fatto perdere di vista le motivazioni che prima mi portavano ad allenarmi serenamente ed ottenere i miei "brillanti" tapascionici risultati.
È lì che devo tornare, e non per i tempi.
Firenze mi accoglie con una classica giornata torrida adatta al mio spirito rettiliano, in Piazza Santa Maria Novella la fila per il ritiro dei pettorali è il primo girone del lungo percorso verso Faenza, paradisiaco o infernale lo deciderà la strada. Si chiacchiera, si ride, si confessano ambizioni e timori, timori come quello del mio vicino di fila che viste le condizioni meteo, dubita di poter migliorare il crono dell'anno precedente, (tredici ore e due minuti), "però, d'altronde" dice, "non è che a settantadue anni possa pretendere di correre come un giovinotto" Espressioni equamente divise tra meraviglia e Urlo di Munch tutto intorno, dopo questa affermazione.
È lì che devo tornare, e non per i tempi.
Firenze mi accoglie con una classica giornata torrida adatta al mio spirito rettiliano, in Piazza Santa Maria Novella la fila per il ritiro dei pettorali è il primo girone del lungo percorso verso Faenza, paradisiaco o infernale lo deciderà la strada. Si chiacchiera, si ride, si confessano ambizioni e timori, timori come quello del mio vicino di fila che viste le condizioni meteo, dubita di poter migliorare il crono dell'anno precedente, (tredici ore e due minuti), "però, d'altronde" dice, "non è che a settantadue anni possa pretendere di correre come un giovinotto" Espressioni equamente divise tra meraviglia e Urlo di Munch tutto intorno, dopo questa affermazione.
Poi arriva l'iscritto occulto. In realtà da sostenitore-stalker avevo già visto la sua iscrizione sul sito ma avevo rispettato il silenzio. Poche parole, le aspettative, qualche dettaglio sulla mia scarna esperienza, e la certezza che oggi verrà realizzato qualcosa di grande, ma non ne sarò io l'autore.
Chiacchiere e messaggi, i nodi della rete iniziano a collegarsi, manca all'appello solo la "Mitica", che mantiene il silenzio stampa, anche questo diligentemente rispettato. Un rapido scambio di messaggi e ci si ritrova tutti alla mensa PT, Monica in prima fila, poi tutti i i vari centisti e non. Rivedo con piacere Marco, che esordì nell'anno del mio primo ritiro confermando quello che gli dissi prima della partenza, quando lui basandosi su numeri pregressi dava per scontato il mio risultato: "i risultati di queste gare si scrivono all'arrivo, non alla partenza" ormai è un pluricentista di quelli tosti,, poi Mauro, inutile parlarne, bellissimi chilometri percorsi insieme, chilometri che contribuirono ad accompagnarmi a Faenza, nel 2017, oggi qui per prendere il piatto della "quinta", Pino in qualità di supporter morale, oltre al tutto il gruppo di rassegnate o entusiaste s u/o pporter.
Stati mentali che vanno dalla nevrosi paranoica alla flemma britannica, passando per i gradi intermedi, senza stare a descrivere a chi rispettivamente appartengano. Il momento della partenza si avvicina ed ognuno di noi si dedica a se stesso ed ai suoi rituali
Mi creo un comodo box in Piazza, spengo il telefono, come d'abitudine, il caso mi riporta al fianco di un mio vicino dell'anno scorso, profondamente innamorato di questa gara (d'altronde, chi non lo è?) si sdrammatizza e si scambiano due chiacchiere ricordando che l'anno prima gli diedi due fascette da elettricista che avevo in più, per fissare il chip (le ho sempre usate per non dover "smontare la scarpa") notando che il mio (mio, per modo di dire) sistema era stato adottato dagli organizzatori per l'edizione corrente. Ci salutiamo dopo gli incoraggiamenti di rito, direzione Piazza Duomo. Qualche rapido selfie con Cesario, reduce dalla Nove Colli, poi via, in gabbia, il gruppo si riforma, c'è il tempo di ridere e scherzare "facendo finta che", poi si parte, sotto il cielo di Firenze tremila comete in viaggio verso Faenza. In mezzo a loro, qualche meteora, io una di queste.
Ed eccomi in Piazza del Popolo, recupero sacca e telefono, chiamate e messaggi ad annunciare la disfatta, questa volta "The Fabulous Team" la prende bene, poiché preparato. Saluto Antonio, ritiratosi insieme a me e poi crollato nel sonno durante il viaggio, saluto Elena con la quale abbiamo sdrammatizzato a lungo, irritando persino un compagno di viaggio leggermente asociale convinto di viaggiare in "area silenzio", mi dirigo verso le transenne a ridosso del traguardo per applaudire quelli che sono ancora i primi arrivi, siamo intorno alle otto ore e trenta di gara, e con sorpresa vedo arrivare poco dopo il mio "vicino di box" di Firenze, autore di una splendida prestazione: ventiduesima posizione assoluta.
E' la prima volta che assisto all'arrivo di atleti così avanti in classifica, ed è veramente entusiasmante, l'emozione sui loro volti è la stessa di chi arriverà ore dopo, ma la soddisfazione di aver raccolto in pieno il risultato di tanti sacrifici è evidente.
Stiamo tutti qui a spellarci le mani, incrocio la compagna dell'iscritto occulto, dice di averlo sentito, e ci comunica l'orario di arrivo da lui pronosticato. Faccio due rapidi conti e sorridendo le dico: "ti ha mentito", e la conferma arriva poco dopo, la fotocamera già attivata immortala il momento, in maniera tecnicamente indegna, ma indelebile, poco più di dieci ore. Come ho già detto all'interessato: ammirato e commosso.
Le ore scorrono, gli arrivi si susseguono ma la stanchezza alla fine mi fa crollare facendomi perdere gli arrivi di Mauro e Marco e anche della Mitica all'esordio, i festeggiamenti sono rimandati al giorno dopo, per fortuna alloggiamo quasi tutti nello stesso albergo.
Il mattino arriva presto e la colazione è fatta di giusta soddisfazione, risate, buoni propositi, appuntamenti futuri e nessuna malinconia, un bel gruppo di persone, tutte quelle citate, non solo i presenti, persone che le medaglie le appendono all'anima, non alla giacca come diceva Bartali, accompagnate da altre che certe medaglie sanno vederle ed apprezzarle.
Si conclude così questa mia disavventura in terra di Romagna. Ora come detto ad un'amica, un po' di ritiro spirituale, avevo tutta una serie di gare in programma, ma i programmi vanno rivisti in base alle condizioni del momento, chi mi segue e mi conosce sa che per me l'indicatore principe del mio "stato di salute sportiva" è rappresentato dal "grado di felicità" in Maratona, parametro nettamente in ribasso in questo 2018, è quindi inutile continuare a spillare pettorali sponsorizzati "Io c'ero", serve riorganizzare il tempo, la voglia, servono chilometri sotto il solleone in solitaria, serve tornare a far sorridere la Lady 42K, mi prendo tutto il tempo necessario, nel frattempo, buone corse!
Chiacchiere e messaggi, i nodi della rete iniziano a collegarsi, manca all'appello solo la "Mitica", che mantiene il silenzio stampa, anche questo diligentemente rispettato. Un rapido scambio di messaggi e ci si ritrova tutti alla mensa PT, Monica in prima fila, poi tutti i i vari centisti e non. Rivedo con piacere Marco, che esordì nell'anno del mio primo ritiro confermando quello che gli dissi prima della partenza, quando lui basandosi su numeri pregressi dava per scontato il mio risultato: "i risultati di queste gare si scrivono all'arrivo, non alla partenza" ormai è un pluricentista di quelli tosti,, poi Mauro, inutile parlarne, bellissimi chilometri percorsi insieme, chilometri che contribuirono ad accompagnarmi a Faenza, nel 2017, oggi qui per prendere il piatto della "quinta", Pino in qualità di supporter morale, oltre al tutto il gruppo di rassegnate o entusiaste s u/o pporter.
Stati mentali che vanno dalla nevrosi paranoica alla flemma britannica, passando per i gradi intermedi, senza stare a descrivere a chi rispettivamente appartengano. Il momento della partenza si avvicina ed ognuno di noi si dedica a se stesso ed ai suoi rituali
Mi creo un comodo box in Piazza, spengo il telefono, come d'abitudine, il caso mi riporta al fianco di un mio vicino dell'anno scorso, profondamente innamorato di questa gara (d'altronde, chi non lo è?) si sdrammatizza e si scambiano due chiacchiere ricordando che l'anno prima gli diedi due fascette da elettricista che avevo in più, per fissare il chip (le ho sempre usate per non dover "smontare la scarpa") notando che il mio (mio, per modo di dire) sistema era stato adottato dagli organizzatori per l'edizione corrente. Ci salutiamo dopo gli incoraggiamenti di rito, direzione Piazza Duomo. Qualche rapido selfie con Cesario, reduce dalla Nove Colli, poi via, in gabbia, il gruppo si riforma, c'è il tempo di ridere e scherzare "facendo finta che", poi si parte, sotto il cielo di Firenze tremila comete in viaggio verso Faenza. In mezzo a loro, qualche meteora, io una di queste.
Ed eccomi in Piazza del Popolo, recupero sacca e telefono, chiamate e messaggi ad annunciare la disfatta, questa volta "The Fabulous Team" la prende bene, poiché preparato. Saluto Antonio, ritiratosi insieme a me e poi crollato nel sonno durante il viaggio, saluto Elena con la quale abbiamo sdrammatizzato a lungo, irritando persino un compagno di viaggio leggermente asociale convinto di viaggiare in "area silenzio", mi dirigo verso le transenne a ridosso del traguardo per applaudire quelli che sono ancora i primi arrivi, siamo intorno alle otto ore e trenta di gara, e con sorpresa vedo arrivare poco dopo il mio "vicino di box" di Firenze, autore di una splendida prestazione: ventiduesima posizione assoluta.
E' la prima volta che assisto all'arrivo di atleti così avanti in classifica, ed è veramente entusiasmante, l'emozione sui loro volti è la stessa di chi arriverà ore dopo, ma la soddisfazione di aver raccolto in pieno il risultato di tanti sacrifici è evidente.
Stiamo tutti qui a spellarci le mani, incrocio la compagna dell'iscritto occulto, dice di averlo sentito, e ci comunica l'orario di arrivo da lui pronosticato. Faccio due rapidi conti e sorridendo le dico: "ti ha mentito", e la conferma arriva poco dopo, la fotocamera già attivata immortala il momento, in maniera tecnicamente indegna, ma indelebile, poco più di dieci ore. Come ho già detto all'interessato: ammirato e commosso.
Le ore scorrono, gli arrivi si susseguono ma la stanchezza alla fine mi fa crollare facendomi perdere gli arrivi di Mauro e Marco e anche della Mitica all'esordio, i festeggiamenti sono rimandati al giorno dopo, per fortuna alloggiamo quasi tutti nello stesso albergo.
Il mattino arriva presto e la colazione è fatta di giusta soddisfazione, risate, buoni propositi, appuntamenti futuri e nessuna malinconia, un bel gruppo di persone, tutte quelle citate, non solo i presenti, persone che le medaglie le appendono all'anima, non alla giacca come diceva Bartali, accompagnate da altre che certe medaglie sanno vederle ed apprezzarle.
Si conclude così questa mia disavventura in terra di Romagna. Ora come detto ad un'amica, un po' di ritiro spirituale, avevo tutta una serie di gare in programma, ma i programmi vanno rivisti in base alle condizioni del momento, chi mi segue e mi conosce sa che per me l'indicatore principe del mio "stato di salute sportiva" è rappresentato dal "grado di felicità" in Maratona, parametro nettamente in ribasso in questo 2018, è quindi inutile continuare a spillare pettorali sponsorizzati "Io c'ero", serve riorganizzare il tempo, la voglia, servono chilometri sotto il solleone in solitaria, serve tornare a far sorridere la Lady 42K, mi prendo tutto il tempo necessario, nel frattempo, buone corse!
Ed ecco che il pdf di questo post finisce dritto dritto in mezzo alle cose che sto archiviando per quando vorrò ripensare al mio Passatore e commuovermi.
RispondiEliminaChe dire, Filippo, se non che leggerti è sempre emozionante?
Ne hai di belle cose da archiviare, aldilà di queste quattro parole, complimenti ancora Gabriele, Grazie.
EliminaBellissimo! Un abbraccio Phil!
RispondiEliminaGrazie Mario!
EliminaLetto tutto d'un fiato, bello! Buone corse anche a te con l'augurio di ritrovare la tua felicità! :-D
RispondiEliminaGrazie di cuore, franchino!
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