E' passato quasi un mese, la bozza, scritta immediatamente dopo era adagiata nel limbo che precede la pubblicazione, e solo oggi ho trovato il tempo di rivederla.
Il titolo riprende quello riferito all'edizione del 2016, "La mia 48 K del Passatore" ma questa volta finirò a tre cifre. Portata a casa "di mestiere", non come avrei voluto ma l'ultimo degli obbiettivi quando la giornata va storta, purché non a discapito della salute, restava quello di onorarla sino in fondo.
Preparazione accurata e senza alcun fastidio fisico, viaggio a Firenze in total relax, un veloce saluto agli amici per poi isolarmi in "Zen mode" in attesa della partenza. Tutto perfetto, obiettivo ambizioso nel cuore e nella mente, mai dichiarato non per il timore di fallire ma solo per scarsa conoscenza della materia, conoscenza limitata ad un ritiro nell'anno precedente. Under 10:30, questa era l'idea e le basi c'erano, ma come dissi prima della partenza "la condizione è necessaria, ma non sufficiente" in gare così serve la giornata perfetta.
Un bel sole che scalda il cuore ed il cranio, meteo ideale per me, Via dei Calzaiuoli pulsa di colori ed emozioni mentre lo start si fa sempre più vicino, una chiacchierata con i vicini di griglia, una foto con la mitica Denise Quinteri, un abbraccio a Mauro e lo sparo ci proietta tra i tesori di Firenze, il tifo è da delirio, il passo leggero, usciamo da Firenze ed affronto la salita di Fiesole con la massima prudenza, come consigliatomi, Scollino a Vetta le Croci, poi giù verso Borgo San Lorenzo, senza strafare, mi prendo persino il tempo di scambiare due battute con lo speaker che ci aspetta sotto il gonfiabile."tutto bene sino ad adesso" gli dico, e mai parole furono così infauste.
Si esce dal paese, applausi, getti d'acqua e grida d'incitazione, inizio ad affrontare la salita con molta tranquillità, le gambe non risentono del cambio di passo, il tifo continua, la gente sa che questo è il preludio ad una delle parti più dure del tracciato e cerca di caricarci al massimo, proseguo come da programma ma dopo qualche chilometro, intorno al trentottesimo, ecco l'imprevedibile: il dolore giunge improvviso tanto da costringermi ad arrestarmi immediatamente, una fitta tra le scapole che toglie il respiro, mi piego in due, le mani sulle ginocchia,, mentre cerco di riprendere fiato, mille ipotesi e mille altrettanto ipotetiche soluzioni ingorgano la mente, ho i muscoli della schiena "tetanizzati".
I minuti scorrono, capisco immediatamente che in queste condizioni i "sogni di gloria" resteranno tali, ma è fuori discussione che questa vecchia carcassa, in un modo o nell'altro arriverà a Faenza sulle proprie gambe. E' mentre cerco di rimettermi "a piombo" che incontro lo sguardo di un compagno di viaggio, rallenta appena, poche parole per cercare di portarmi dietro con sé, poche parole ma cariche di determinazione e sincera solidarietà, così le ho avvertite. Muovo qualche passo, si gira a verificare che gli stia dietro, riprendo, dapprima trascinandomi, poi con una parvenza di corsa, devo limitare il movimento delle braccia ma riesco a procedere dignitosamente, non devo essere un bello spettacolo, ma d'altronde la mia corsa ha sempre avuto un non so che di sfeniscidico.
A Ronta ci fermiamo al ristoro, scambiamo due parole, una pacca sulle spalle, lo ringrazio e nella mente fisso il suo numero di pettorale. Ripartiamo, lui al suo passo, io con in mente il prossimo obbiettivo: arrivare alla prima postazione massaggiatori.
I chilometri passano tra tormenti e gioie, impossibile non fare un confronto con lo scorso anno mentre attraverso Razzuolo, la visione dei gradini della chiesetta dove mi fermai per poi salire alla Colla e prendere l'autobus è sufficiente a far affiorare un sorriso ed aumentare la determinazione, , irrompo nella tenda medica : - c'è qualcuno in grado di rimettermi in piedi?- spiego il problema e due mani magiche iniziano a sciogliere il groviglio che porto sulle spalle, "numero di pettorale 804" scandisce una volontaria annotandolo su un modulo, "guardi che non intendo ritirarmi!" le dico con tono allarmato, lei mi guarda sorridendo "dobbiamo solo annotare gli interventi effettuati, con orario e pettorale", rispondo al sorriso "per un attimo avevo temuto un ko tecnico"
Ringrazio, saluto e riparto, la salita alla Colla mi mette il buonumore, rimane l'indolenzimento ma niente dolore, i tornanti passano veloci e l'arrivo al traguardo è da brividi, due piccole ali di folla agguerrita, tifo da stadio, vedo i pullman a bordo strada già pieni di ritirati, cambio maglia e giù in discesa, dopo qualche chilometro il fastidio riaffiora, cerco di correre con leggerezza e programmo un'altra sessione di massaggi a Marradi, ma nel frattempo si presenta un altro problema: lo stomaco si rifiuta di ricevere qualsivoglia alimento, viaggio con le riserve di bordo e approdo dolorante sul lettino dove due mani sante cercano di eliminare il tormento, questa volta è veramente una dura lotta, ma alla fine il bene vince sul male, mi rialzo e riparto, brividi di freddo, non so se dovuti più alla forte escursione termica, da me non preventivata, o all'assenza di alimentazione, riprendo a carburare ad un passo decente ma so che non potrò continuare così senza integrare, ed infatti pur in assenza di crampi, il senso di vuoto energetico inizia ad assalire le gambe, poi il tentativo di reintegro "vintage" a base di the caldo, biscotti e limone pare funzionare, sarà l'unica cosa che mi sosterrà con alterne fortune sino alla fine, sprazzi di energia alternati a cali di potenza, come un motorino "a secco" che ogni tanto riesce a pescare delle gocce di carburante, ed in effetti nei momenti in cui riesco a pescare il carburante corro in maniera incredibilmente sciolta, tanto che mi viene il timore che qualcuno dei miei compagni di viaggio possa pensare che io appartenga alla nobile categoria dei "trasportati" vista l'apparente incongruenza tra passo, chilometraggio e cronometro.
La parte finale è così, un susseguirsi di alti e bassi con la mente rivolta al gonfiabile, incontro Marco, "l'uomo che sussurrava ai Crotali" sui sentieri della Western States, percorriamo un bel tratto insieme tra battute e incitamenti reciproci, poi i passi ci dividono, in queste condizioni si può solo seguire il proprio, inutile accelerare o rallentare, ritrovo Mauro, che credevo già oltre il gonfiabile, lo lascio andare, io sono ormai vuoto, sarebbe stato bello finirla insieme ma oggi è impossibile, nel frattempo davanti agli occhi e sotto i piedi sono passati gran parte dei chilometri che ci dividevano da Faenza, quando il conto alla rovescia scende sotto le due cifre è adrenalina pura, anche se sembrano non finire mai, percorro gli ultimi chilometri al fianco di una veterana alla sua quarta edizione, anche lei oggi non è stata benissimo, quattro chiacchiere fanno accorciare il lunghissimo rettilineo che ci conduce in Piazza del Popolo ed infine eccomi sotto il traguardo. Mi sdraio a terra, esausto, la volontaria mi chiede -tutto bene?- Mai stato meglio, rispondo, ripercorro mentalmente ad occhi chiusi le ultime dodici ore ed i lunghi mesi che le hanno precedute, respirando a pieni polmoni l'aria fresca di Faenza, poi riapro gli occhi, il cielo non è mai stato così bello. Un successo? Un insuccesso? Sicuramente il secondo, visto le premesse e le intenzioni, ma gli insuccessi sono lezioni, e la mente è già rivolta alla prossima edizione, perché come scrissi lo scorso anno, le incompiute non mi sono mai piaciute, ma questo non significa che io non sia comunque più che felice di averla portata a termine, perché arrivare sul traguardo in gare come queste è sempre e comunque un bel viaggio, e se si è viaggiatori nel vero senso del termine contano molto altre cose oltre alla destinazione finale, per cui, dimenticato il crono restano i chilometri condivisi con gli occasionali parigamba, l'impegno di tutti i volontari, un impegno che dovrebbe far sentire in colpa chi si porta dietro "l'assistenza integrativa" assolutamente non necessaria, e non ultimo il bell'esempio di "spirito trail" con il pettorale 1830, che ho voluto rintracciare per ringraziarlo ancora, a riprova che sono le persone, e non il genere di gare, a fare la differenza.
Voglio aggiungere che grazie alla buona preparazione, la distanza non ha lasciato alcuno strascico, nessun fastidio, neanche minimo, aldilà della fisiologica stanchezza, ora desidero solo rilassarmi senza alcun programma che non sia quello di mantenere quanto acquisito in termini di forma e di fondo, il prossimo obbiettivo sarà quello di far tornare il sorriso alla Lady 42, e sarà dura, nel frattempo, buone corse, e scusate il ritardo!
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Come sempre, è stata un'emozione leggerti.
RispondiEliminaIn un periodo di totale assenza di motivazioni agonistiche (ma di grande voglia di correre "così come viene") mi hai messo in testa un pensiero pericoloso per maggio 2018...
Vedremo!
Intanto complimenti, a me non sembra affatto un insuccesso, ma comprendo quello che intendi dire. ;-)
Grazie Gabriele, è quello che cerco di fare tenendo in vita questo blog.
EliminaL'agonismo è solo un bel pretesto, ma a volte tende a fagocitare le vere motivazioni, staccare ogni tanto fa bene. Buone corse, nella peggiore delle ipotesi ci si vede in Via dei Calzaiuoli!
100 km di corsa in 12 ore non sono certo un insuccesso: anche se i tuoi obbiettivi erano un po' più ambiziosi, rimane sempre il fatto che hai portato a termine una gara non per tutti. Se ti volti appena e guardi dov'eri 13-14 anni fa, non puoi che essere fiero del tuoi risultati e dei tuoi progressi. Ad ogni nuova consapevolezza acquisita corrisponde un allentamento della tensione emotiva e, quindi, muscolare: vedrai che la prossima volta andrà tutto bene. Lo sai che sono quasi tentata di iscrivermi anch'io alla prossima edizione ... scherzavo ahahahah ... Grazie per aver condiviso anche stavolta le tue emozioni: è sempre un piacere leggerti! Buona estate e buone corse!!!
RispondiEliminaHai ragione Emanuela, sono profondamente ed autoironicamente fiero delle mie imprese, ma è bello porsi degli obbiettivi stimolanti, che so, ad esempio, farti cancellare quel " scherzavo ahahahah"
EliminaBuona estate anche a te, e buone pedalate!