Sole, cielo terso, temperatura tardo primaverile, ed un sospiro di vento che non lasciava spazio al sudore, ma senza infastidire, condizioni decisamente inusuali da queste parti, (sorvolando sul calendario). Era solo domenica scorsa, una mattinata dedicata a rimetter chilometri nelle gambe e nella testa, un circuito sviluppato nella foresta urbana, direzioni scelte come un girasole, evitando i palazzi d’alto fusto che rubano linfa e luce ed intristiscono il passo. Condizioni meteo inusuali dicevo, che mi hanno riportato ad un altro momento di corsa in un contesto molto diverso, e che mi ero ripromesso di raccontare, contesto nel quale queste condizioni sono la norma, ma non è questo il punto. Così mentre le gambe mantengono il loro passo in maniera quasi autonoma, la mente ritorna a qualche mese prima, il riscaldamento lungo il marciapiede che “contiene” la spiaggia, mare azzurro, calma piatta, ma lo stesso vento, anche se con profumi diversi.
Due chilometri sulle mattonelle di cemento grigio, poi finalmente si può divagare, c’è “il rimboschimento”: una ripida collina coperta da pini maestosi, larghi e comodi sentieri che la percorrono in lungo e in largo, single track sulle linee di massima pendenza, da affrontare in salita e nei quali buttarsi a capofitto in discesa. I polmoni si riempiono di quell’aria carica di profumi di resina e di mare, si potrebbe continuare quasi all’infinito, oppure optare per un misto asfalto, cosa che faccio, ecco allora che si scende verso il mare, sbucando di fronte alla chiesa di “Balai lontano” e da qui una bella pista ciclabile che con vari saliscendi, segue la costa, sino al paese. Un piccolo tour tra le banchine del porto, poi via verso il punto di origine, ripassando per la ciclabile, sarà qui che l’allenamento cesserà di essere tale, e darà il titolo al post.
Un incontro inaspettato, un’amica persa di vista da anni, anche lei in tenuta da runner, ferma a parlare lungo la pista. Rallento e mi fermo con l’intento di salutarla, mentre l’amico si congeda, avviandosi verso l’auto. Decidiamo di proseguire insieme, ci raccontiamo un po’ di noi, dieci anni in poche frasi, per dirla alla Guccini, giusto per sintetizzare l’evolversi degli eventi nelle rispettive esistenze, poi il discorso passa alla corsa.
Devo dire che dal passo avevo già capito che non era certo alle prime armi, ma lascio parlare lei, della passione, delle uscite quasi quotidiane, pur non avendo mai partecipato a nessun tipo di gara. La aggiorno su di me, sul mio percorso, e sui miei programmi. Lei mi dice di essere semplicemente felicissima di poter tornare a correre, finalmente al sole. Finalmente al sole, già, continua, -perché il sole è precluso a chi si sottopone a cicli di chemioterapia- e lei viene da un lungo periodo di lotta, durissima lotta. L’angosciante scoperta della malattia, tutto il futuro, ed anche il presente rimesso in discussione in un attimo, annullata totalmente ogni piccolissima scontata certezza. Mi parla ancora di visite e consulti, della lunga incertezza sul da farsi, anche da parte dei medici, sino ad arrivare al difficile intervento chirurgico, del solito esodo di persone che si allontanano con sorprendente rapidità davanti a certi eventi, quasi temessero di essere trascinati nel baratro dal quale tu cerchi invece di uscire con tutte le tue forze, ma anche di altri che sono stati generosamente vicini. Ringrazia la corsa per averle dato forza di affrontare il tutto. La interrompo di rado, preferisco stare ad ascoltarla.
Da una parte le sue parole, la drammaticità di quei momenti, dall’altra il rumore dei nostri passi perfettamente sincronizzati, davanti agli occhi lo spettacolo del Golfo dell’Asinara. Quello stesso spettacolo davanti al quale si rifugiava, continua nel racconto, anche durante i periodi più duri e bui, venendo qui a camminare, quando per correre non aveva le forze, e poi a correre dopo il tramonto, per rubare un’ora di serenità, con sempre maggiore frequenza, per riprendersi ciò che le apparteneva, sino alla vittoria delle prime battaglie, e della guerra. Vittoria che parrebbe consolidata, (usa il condizionale), perché vi è un lasso di tempo critico, ed è difficile snocciolare certezze, dopo certe esperienze.
Resto profondamente colpito dal suo racconto, e non faccio certo niente per nasconderlo, colpito dalla grinta con la quale ha aggredito la malattia, e con la quale ha ripreso possesso della “normalità” in così breve tempo, sdrammatizziamo facendo ironia sulla nostra più o meno veneranda età, le parlo del blog chiedendole il permesso, chiaramente accordato, di poter raccontare questa che reputo una bella storia, ed eccola qua.
Ho scelto di non scendere troppo nei particolari, ma spero che il significato arrivi a destinazione. Se vorrà, un giorno sarà lei a parlarne di persona, la pagina è aperta. Posso però dire che ho invitato l’interessata a festeggiare il traguardo ponendosi un obbiettivo altrettanto ambizioso, ma sicuramente alla sua portata, per cui se decidesse in tal senso, sarà per me un onore scortarla personalmente da 0 a 42.195
Buone corse!
... sono queste le cose che fanno pensare.. be' , la ragazza ha ritrovato un amico in piu' .. ;-)
RispondiEliminaFilippo, falle conoscere Simone e parlale del suo libro.
RispondiEliminaSimone l'abbraccerebbe fino a stritolarla!
Qui il link al libro.
RispondiEliminaIn bokka al lupo !!! :-)
RispondiElimina...ha raggiunto il più bel traguardo e la più grande vittoria!
RispondiEliminaComunque vada, ti fa onore come hai capito il momento di difficoltà suo e di come fosse importante ascoltarla, se verrà una maratona insieme sarà un ulteriore passo verso l'uscita definitiva dal tunnel
RispondiEliminaMi sono imbattuta per caso in questo blog, in questo post e devo dire che mi ha colpita moltissimo. Colpita, commossa. Sono storie che fanno rivalutare il concetto di vittoria, fanno ridimensionare i problemi, riassestano l'anima.
RispondiEliminaComplimenti anche per come il post è scritto: è un piacere leggerti, ripasserò di certo da queste parti.
Invito inoltre la tua amica a leggere il libro di una mia cara amica che sta per uscire, edito da Mondadori, e che ha vissuto una storia del tutto analoga alla sua "Perchè io sogno forte" di Roberta Liguori.
Un abbraccio a lei e...ci rivedremo presto da queste parti!