sabato 20 settembre 2025

La deriva trekking

Il freddo, il ghiaccio, i paesaggi incontaminati hanno il loro innegabile fascino non solo sulle vette montane ma anche a quota zero, meglio se in condizioni estreme, quindi è stato naturale trovarmi a seguire per esempio le missioni di Marco Buttu  e di tanti altri "viaggiatori del freddo".
Scorrendo profili di quel genere ebbi la fortuna di assistere "in diretta" alla nascita o meglio alla metamorfosi di uno di questi, da semplice appassionata viaggiatrice "Svalbard addicted" a organizzatrice di fantastici viaggi alla sua maniera, metamorfosi avvenuta tra l'altro rinunciando ad un posto di lavoro prestigioso per poter seguire la sua passione, scelta ripagata dal successo, grande stima, ma non è questo il punto.
La seguivo abbastanza assiduamente ed un giorno, dopo mille report di viaggi sottozero  apparvero sul suo profilo alcuni scatti di  fantastici paesaggi di mare, al che mi venne spontaneo chiedere cosa ci facesse in un luogo così agli antipodi rispetto ai  luoghi del cuore e la risposta fu più o meno questa: "ma questo non è semplicemente mare, è un posto fantastico, sono sui sentieri del Fishermen's Trail"
Ovviamente mi tuffai all'istante in Google e lì si aprì un mondo a me sconosciuto, pagine e pagine che parlavano di questo trekking sulle coste del Portogallo, racconti di viaggiatori pieni di entusiasmo, alcuni alla loro ennesima partecipazione, foto meravigliose di piccoli paesi, coste impervie e piatti invitanti, non servì molto a farmi scattare il desiderio di provare questa esperienza. I chilometri nelle gambe non mi mancavano, lo zaino era lì triste da qualche anno in un angolo del ripostiglio ansioso di una rinascita.
Giorni al pc cercando di completare il sudoku tra turni, alberghi, voli e trasporti vari, l'avventura  in origine era prevista in compagnia di un amico che però si tirerà indietro a pochi giorni dalla partenza ma non ha costituito un problema vista la mia attitudine ai viaggi in solitaria, ed eccomi sul volo per Lisbona.
Qualche giorno per visitare la città, e poi via verso la start line posta a Porto Covo, da lì saranno circa duecentoquaranta chilometri in undici tappe di lunghezza variabile, tutte lungo la costa e oltre la metà percorse sotto un incessante diluvio, per poi fortunatamente concludersi con un meteo estivo. 

Questo post non sarà  un resoconto dettagliato del viaggio, ne esistono già a migliaia sul web e non penso che se ne senta la necessità, ma solo un modo per riportare le mie impressioni su quella che per me è stata una nuova esperienza.
La vera difficoltà è stata quella di effettuare una manovra BLS al mio quasi defunto inglese, non che godesse di ottima salute neanche prima, ma il non utilizzo e il mancato esercizio negli anni ha portato ad una moria di vocaboli letale e questo ovviamente è un grosso limite quando ci si trova immersi all'improvviso in una realtà cosmopolita come quella che ho trovato sui sentieri, ma nonostante ciò tra mille "ehmmm" alla Verdone e il supporto di Google translate sono sempre riuscito ad instaurare quel minimo di comunicazione quando necessaria e soprattutto quando desiderata. "Quando desiderata" a qualcuno potrebbe apparire una frase da misantropo ma è tutt'altro. Il mio pensiero è che nelle attività di fatica quali la corsa o il trail running che io ho sempre definito come "meditazione dinamica" servano sia momenti  di solitudine che momenti di condivisione in proporzioni variabili a piacere a seconda del momento. Quindi anche ore a mettere un passo dopo l'altro accompagnato solo dalla bellezza dei luoghi e dalla voce del vento a volte impetuosa a volte sussurrata proveniente dall'oceano che in questo tracciato ti accompagna in ogni istante e  rimane nella mente nei mesi a seguire, solo qualche doveroso saluto, qualche chiacchiera per poi rilassarsi alla fine di ogni tappa dove a causa della piccola dimensione dei centri abitati è impossibile non incrociarsi con i compagni di cammino, cosa che spesso si conclude in un "terzo tempo" con divertenti tavolate da torre di Babele, oppure con una nottata di chiacchiere davanti al camino nell'attesa che il calore asciughi le calzature.
Una cosa è certa: la fatica qui come altrove "screma". Screma le futilità della vita di tutti i giorni, i pensieri inutili che portano solo pesantezza, e se a questo si aggiunge  l'essere totalmente immersi nella bellezza, lontani da quasi tutti gli elementi disturbanti della cosiddetta civiltà è normale che si stabiliscano connessioni anche intense con diversi compagni di cammino. 
E' normale quindi partire soli e dopo una tappa ritrovarti invitato a cena da qualcuno che avevi conosciuto sul bus qualche giorno prima, è normale ritrovarti a cucinare una  pasta al pomodoro per una clientela internazionale ma con ingredienti di dubbia nazionalità e nonostante questo riscuotere un notevole successo, è normale preparare un caffè alato per salutare l'unica persona parlante italiano incontrata dopo giorni di isolamento linguistico, è normale passare con lei ore a ridere tra aneddoti e birre per poi salutarsi perché  sfortunatamente sta percorrendo il Trail in senso contrario, è normale conoscere Helmuth, arzillo settantottenne tedesco al primo bar del paese dopo una tappa di ventisette chilometri ed è normale che  mentre io mi gusto finalmente un caffè lui si scoli serenamente una spina da 0,50. 
Tutte cose normali che hanno accompagnato questo lungo cammino, queste sono solo un piccolo campionario di quei momenti che ti restano dentro e costituiscono il vero viaggio, aldilà dello spostamento fisico, le piccole cose, gli incontri, e gentilezze e anche i luoghi, certamente. Un altro modo di attraversare i luoghi rispetto alla corsa e allo stesso Trail, un modo più lento che lascia maggiore  spazio per se stessi, ma anche per gli altri, un qualcosa che ho apprezzato subito e che mi riporterà un anno dopo a ripercorrere gli stessi sentieri, ma questa, come dice il famoso giallista, è un'altra storia.

       



   



                                                         

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